tratto da: Yoga Journal
Rivista di yoga – Marzo 2017
intervista di Emina Cevro Vukovic
Yoga Ynsula è entrare negli asana senza sforzo, grazie a leve nascoste e all’apertura creata dal respiro.
Le principali posture yoga sono ampiamente codificate. In tutte le scuole yoga vengono assunte con la stessa forma: trikonasana rimane trikonasana sia in un approccio hatha yoga, sia tantra o astanga o altro. Quello che cambia nelle varie scuole, e anche molto, è come vengono preparate, assunte, mantenute.
La maestria di un insegnante sta proprio qui, nella capacità di facilitare, di aiutare l’allievo a farle proprie.
Alcuni insegnanti yoga raccontano di aver elaborato un nuovo modo di approcciare la disciplina che ha cambiato il loro insegnamento quando hanno
avuto la necessità di superare dei traumi subiti, in alcuni casi dovuti a una pratica troppo rigida.
Per Tiziana Fantuz, che da trent’anni insegna yoga a Padova, e conduce seminari di formazione in tutta Italia, l’evento traumatico che ha “perfezionato” il suo yoga è stato un incidente automobilistico.
D – YOGA JOURNAL: Ci racconti come è nata la tua ricerca di un “approccio gentile”?
R – TIZIANA FANTUZ: Vi ha contribuito un grave incidente accadutomi nel lontano 1988, V° vertebra cervicale fratturata, 3 costole spezzate ed un’anca
incrinata, una lunga degenza immobilizzata in un gesso. Un ascolto protratto e obbligato per sentire ogni più sottile richiesta del corpo e capire cosa fare: operazione, corpetto a vita o meditazione.
Alla fine, senza un metodo preciso, scelsi la meditazione che mi guidò. Dopo molti mesi, quasi guarita, volevo ricominciare a praticare. Lo yoga era entrato a far parte della mia vita dieci anni prima, con la folgorazione che accompagna gli incontri che si riconoscono intimamente giusti, ma mi ritrovavo un corpo che da estremamente flessibile ora si lamentava.
Queste difficoltà hanno fatto venire a galla nuove intuizioni.
Ecco, credo che il mio approccio sia nato così, trasformando un grande ostacolo in conoscenza, in possibilità. L’affinamento dell’ascolto, del rispetto di sé, abbinati ad una profonda conoscenza dello yoga sia dal punto di vista esperienziale che teorico hanno contribuito a far fiorire il metodo YogaYnsula. Ciò che mi ha più ispirato è stata la radicata convinzione, mai abbandonata, che possiamo non subire, ma conoscere, trasformare.
D: Cosa hai trovato nel tuo approccio?
R: Una sensazione di libertà, la sorpresa di trovarsi senza sforzo in asana anche ardite e di poter sostare lì con un corpo che accoglie la forma, una mente pacificata, un respiro che anima e apre la porta a nuove conoscenze che arrivano con la forza di qualcosa di inatteso e inconsciamente desiderato.
Il respiro che avviene grazie all’apertura in alcune zone remote del corpo, donando una sensazione di pienezza, pulizia, vigore. Ciò che viene raggiunto senza sforzo viene accolto, mantenuto come un dono prezioso non solo dal corpo. Il decondizionarci da vecchi rigidi schemi, che prevedono sempre lo stesso approccio, sviluppa creatività, vitalità, gioia.
Ciò diventa nel tempo trasformazione profonda.
D: Dal punto di vista tecnico c’è qualche aspetto particolarmente importante?
R: Si tratta di entrare nelle posizioni partendo da movimenti dolci alimentati da piccole leve del corpo e dal respiro.
Sono movimenti che spesso hanno origine nel e dal bacino, viscerali, utilizzati insieme al respiro.
È un approccio che travolge per intensità, sensazione di libertà e la concreta esperienza che ciò che pare difficile può diventare facile.
D: Queste modalità come hanno influito il tuo modo di insegnare?
R: Nel tempo sono diventata estremamente sensibile ai bisogni delle persone che in quasi trent’anni di insegnamento ho incontrato. Mi sono assunta
il compito di rendere facile ciò che sembra difficile. C’è bisogno di spianare la via. Perché non salire senza sforzo con le gambe, con il busto, perché non poter godere dell’esperienza totalizzante di una capovolta anche se apparentemente tanti sono gli impedimenti, non ultima la paura?
D: Dalla tua esperienza di insegnante cosa vedi?
R: È importante trasmettere fiducia per provare a mettere in scacco la mente, e decondizionarci in modo creativo da abitudini, condizionamenti, samskara, che portano a ritenere che ci sia una sola possibilità per arrivare ad una soluzione.
Magari questa unica possibilità conosciuta costa uno sforzo enorme, tanto da farci sentire sconfitti. Credo che sia importante ritornare alle sorgenti dello
yoga, ricordando che il corpo è uno strumento che ci collega all’anima e quando ogni sforzo si allenta emerge la fusione tra corpo e infinito rendendo
evidente l’indivisibilità tra ciò che noi tendiamo a separare, “allora non si viene più disturbati dal gioco degli opposti”
(Patañjali II , 46-48).
D: Hai dato al tuo metodo il nome YogaYnsula, perché?
R: Ynsula come insula, isola, ma con la y di yoga. La simbologia incarnata delle posture rinnova quella scintilla che porta all’ascolto del respiro, alla sospensione dei pensieri, alla pace nel cuore e alla scoperta di un’isola interiore luogo di unione, libertà e amore.
Poi, dentro il nostro cervello, in un luogo segreto e poco esplorato, si trova una zona denominata “insula”.
D: Dopo tanti anni di studio e di pratica, quale è l’insegnamento più impor tante che hai trovato sulla via dello yoga?
R: Lo yoga è un percorso di trasformazione in seno a ciò che gli yogi chiamano “liberazione”, cioè affrancarsi dalle fonti di condizionamento che ci
obbligano a modalità di pensiero e di vita limitati, “decondizionarsi”, per divenire completamente consapevoli e vivere un’esistenza piena.